Buon Compleanno Enzo, per non dimenticare il caso Tortora

Ancora oggi il caso Enzo Tortora e l'ingiustizia da lui subita lascia l'amaro in bocca.
Forse non tutti conoscono la sua storia, ed è proprio per questo che oggi, nel giorno del suo compleanno vogliamo ricordare meglio la sua figura e le ingiustizie da lui subite in maniera anche gratuita.

Vita e Carriera 
Nato a Genova il 30 novembre 1928  e morto a Milano, 18 maggio 1988 è stato un conduttore televisivo e politico italiano. I genitori erano originari della provincia di Napoli.

Dopo aver conseguito la laurea presso l'Università degli studi di Genova, lavora per alcuni spettacoli con Paolo Villaggio, prima di entrare in RAI a ventitré anni. Successivamente al giovane Enzo viene affidato lo spettacolo radiofonico Campanile d'oro.
Le sue prime trasmissioni di grande successo, risalenti alla seconda metà degli anni cinquanta, sono Telematch e soprattutto Campanile sera, in cui è spesso inviato esterno.
Dal febbraio 1965 conduce La Domenica Sportiva, trasformandola radicalmente, anche attraverso gli ospiti per la prima volta presenti in studio.
Con Mike Bongiorno, Corrado e Pippo Baudo diviene uno dei presentatori televisivi più noti e popolari di quegli anni. Nella primavera del 1977 il presentatore genovese assume la conduzione di Portobello.

L'arresto, le incongruenze e l'inizio del "caso" Tortora
Quando era oramai all'apice della carriera, inizia il dramma:  il 17 giugno 1983 viene arrestato con l'accusa di associazione per delinquere di stampo camorristico dalla Procura di Napoli.
L'accusa si basa, di fatto, unicamente su di un'agendina trovata nell'abitazione di un camorrista, Giuseppe Puca detto O'Giappone, con su scritto a penna un nome che appare essere, all'inizio, quello di Tortora, con a fianco un numero di telefono; nome che, a una perizia calligrafica, risulterà non essere il suo, bensì quello di tale Tortona.
Nemmeno il recapito telefonico risulterà appartenere al presentatore. Si stabilirà, per giunta, che l'unico contatto avuto da Tortora con Giovanni Pandico fu a motivo di alcuni centrini provenienti dal carcere in cui era detenuto lo stesso Pandico, centrini che erano stati indirizzati al presentatore perché venissero venduti all'asta del programma Portobello.
Le accuse si basano sulle dichiarazioni dei pregiudicati Giovanni Pandico, Giovanni Melluso detto "Gianni il bello", Pasquale Barra, noto come assassino di galeotti quand'era detenuto e per aver tagliato la gola, squarciato il petto e addentato il cuore di Francis Turatello, uno dei vertici della malavita milanese; infine altri 8 imputati nel processo alla cosiddetta Nuova Camorra Organizzata, tra cui Michelangelo D'Agostino pluriomicida, detto "Killer dei cento giorni", accusano Tortora. A queste accuse si aggiungeranno quelle, rivelatesi anch'esse in seguito false, del pittore Giuseppe Margutti, già pregiudicato per truffa e calunnia, e di sua moglie Rosalba Castellini, i quali dichiareranno di aver visto Tortora spacciare droga negli studi di Antenna 3.

La redazione di Portobello, oberata di materiale inviatole da tutta Italia, smarrisce i centrini ed Enzo Tortora scrive una lettera di scuse a Pandico. La vicenda si conclude poi con un assegno di rimborso del valore di 800.000 lire. In Pandico, schizofrenico e paranoico, crescono sentimenti di vendetta verso Tortora.
Il presentatore sconta sette mesi di carcere - ottenendo tre colloqui con i magistrati inquirenti Lucio Di Pietro e Felice Di Persia - e continua la sua detenzione agli arresti domiciliari per motivi di salute.

Nel giugno del 1984, a un anno esatto dal suo arresto, Enzo Tortora viene eletto deputato al Parlamento europeo nelle liste del Partito Radicale, che ne sosterrà le battaglie giudiziarie. Il 17 settembre 1985 Tortora viene condannato a dieci anni di carcere, principalmente per le accuse di altri pentiti.

Il 31 dicembre 1985 si dimette da europarlamentare e, rinunciando all'immunità parlamentare, resta agli arresti domiciliari. Il 15 settembre 1986 Enzo Tortora viene assolto con formula piena dalla Corte d'appello di Napoli e i giudici smontano in tre parti le accuse rivolte dai camorristi, per i quali inizia un processo per calunnia: secondo i giudici, infatti, gli accusatori del presentatore - quelli legati a clan camorristici - hanno dichiarato il falso allo scopo di ottenere una riduzione della loro pena. Altri, invece, non legati all'ambiente carcerario, avevano il fine di trarre pubblicità dalla vicenda: era, questo, il caso del pittore Giuseppe Margutti, il quale mirava ad acquisire notorietà per vendere i propri quadri.

Enzo Tortora torna in televisione il 20 febbraio del 1987, quando ricomincia con il suo Portobello.
La morte
Conclusa in anticipo, causa malattia, la conduzione del suo ultimo programma televisivo intitolato Giallo andato in onda nell'autunno 1987, Enzo Tortora muore la mattina del 18 maggio 1988 nella sua casa di Milano, stroncato da un tumore polmonare. I funerali si sono tenuti presso la Basilica di Sant'Ambrogio a Milano.

Nessuna azione penale o indagine di approfondimento venne mai avviata, né alcun procedimento disciplinare verrà mai promosso davanti al Consiglio Superiore della Magistratura a carico dei pubblici ministeri napoletani, che proseguiranno le proprie carriere, senza ricevere censure per il loro operato nel caso Tortora.[8] L'ultima umiliazione che la giustizia italiana riserverà a Enzo Tortora sarà perpetrata dal vecchio accusatore Gianni Melluso, il quale nel 1992 ebbe a ribadire le sue false accuse, ma, querelato dalla figlia del presentatore, venne assolto dal GIP Clementina Forleo con la seguente argomentazione: l'assoluzione di Tortora rappresenta “soltanto la verità processuale e non anche la verità reale".

In un'intervista rilasciata al settimanale L'Espresso del 25 maggio 2010, l'ex collaboratore di giustizia Gianni Melluso, uscito dal carcere nel 2009, chiede ufficialmente perdono ai familiari di Enzo Tortora per le dichiarazioni rilasciate ai magistrati dell'epoca e sostiene che il tutto fu una vendetta dei due boss Barra e Pandico. Le ceneri di Enzo Tortora riposano nel cimitero Monumentale di Milano.

(fonte wikipedia - la storia siamo noi - Rai )                   A cura di Mario Zambardino e Maria Strazzullo

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