Lotta al gioco d'azzardo, premiata una barista di Cremona.

Niente più slot machine e videopoker nel suo bar: "A me piace fare i caffè, parlare con i clienti. Non voglio più avere a che fare con chi è convinto che il denaro per vivere arriva da quegli apparecchi" ha dichiarato Monica Pavese, barista di Cremona che un mese fa ha deciso di spegnere le due macchinette presenti nel suo bar-tabaccheria “Giò”. La donna non sopportava più di vedere persone di tutte le età, sia italiane che straniere, perdere ogni giorno la propria dignità e rovinarsi la vita spendendo qualsiasi somma di denaro in proprio possesso con l'illusione di ingenti vincite. Una scelta coraggiosa, la sua, se si considera che erano proprio gli incassi derivanti da queste macchinette "mangiasoldi", che fruttavano 40-50 mila euro circa al mese (da cui ogni 15 giorni lei stessa percepiva il 6%, pari a 1.500 euro) a sostenere gran parte delle spese di gestione del bar.
La sua protesta, però, non è passata inosservata: il Comune di Cremona, che da molto tempo lotta contro il gioco d'azzardo, ha deciso di premiare l'impavida Monica, la cui iniziativa può essere di grande esempio per tutti i suoi colleghi. Sul caso è intervenuto anche uno psicologo, Simone Feder, che da anni si occupa di assistere i malati da gioco a Pavia, la prima città italiana per spesa pro capite alle slot (2.870 euro all'anno): sostiene che i titolari dei bar che rinunciano alle macchinette non vadano lasciati soli perché le concessionarie li invogliano sempre più ad installare le slot, offrendo pacchetti con servizi gratuiti a cui non è per niente facile resistere.

Paola F. G. Petillo

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