L'ultimo giorno di Berlinguer

Enrico Berlinguer viaggia da Genova verso Padova, arriva a mezzogiorno e in serata è atteso in piazza della Frutta per un comizio. Alle 21.30, senza cena, arriva in piazza. Non è una bella giornata e ogni tanto si vedono lampi in cielo.
Enrico Berlinguer indossa una giacca a quadrettini e una camicia bianca. Riesce a parlare per circa 30 minuti, poi pian piano la sua voce si spezza: "Siamo di fronte a un momento pieno d’insidie per le istituzioni della Repubblica. Ma è certo che…". Si aggrappa al leggìo, si gira per avere un bicchiere d’acqua. Beve ma è colto da colpi di tosse e conati. Dando le spalle ai militanti, vomita due volte.
La piazza con i suoi militanti lo incoraggia con applausi e urlando il suo nome, ma ad un certo punto c'è anche chi lo invita a smettere. Lui va avanti fino alla fine quando ormai pronuncia frasi con estrema difficoltà. Finisce, si copre il volto con un fazzoletto, lo fanno scendere dal palco sostenendolo.
Antonio Tatò lo accompagna in albergo, insieme a lui c’è anche il primario pneumologo Giuliano Lenci, che conosce Berlinguer da anni ed era in piazza ad ascoltare il comizio. Lo mettono a letto, dice d’aver sonno, tranquillizza gli altri parlando di un disturbo gastrico ma il dottore s’accorge che sta molto male. Con l’ambulanza arriva in ospedale, gli fanno la Tac e l’angiografia: è un ictus molto serio. Alle 23.40 il professor Salvatore Migrino lo opera alla clinica neurologica di Padova.
Morirà l'11 giugno alle ore 12.45 dopo 90 ore di agonia. L'ultimo bollettino dei medici di Padova diceva: "Durante la notte le condizioni cliniche dell’onorevole Berlinguer si sono ulteriormente aggravate. L’attività elettrica cerebrale è scomparsa. Il coma, pertanto, è da considerarsi irreversibile".

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