14 maggio 2012 ore 18.00
presentazione del n. 1 della rivista del centro studi Nicola Vella
Cronache Meridionali edito da “Il Castello”
Aldo Vella
il direttore della rivista ne parla con:
Luigi De Magistris
sindaco di Napoli, membro del comit. d’indirizzo della rivista
Emilio De Lorenzo
direttore responsabile della rivista
Ciro Raia
membro del comitato d’indirizzo
Francesco Menna
vicesegretario nazionale del partito del sud
editoriale
––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––E' lo stesso direttore, Aldo Vella a spiegarci i motivi che lo hanno spinto alla ripubblicazione di questa storica notizia: "Riprendere la pubblicazione di una storica rivista di studi meridionalistici non è una inquietante
riesumazione. per il mutamento sia delle posizioni ideologiche, sia delle condizioni storiche.
Abbiamo pensato invece all’alto valore rievocativo e, più ancora, allo spirito scientifico e all’altezza
culturale depositatisi nella formula (oggi si potrebbe dire format) “Cronache Meridionali”.
Quella stagione di grande riflessione – che generò il fruttuoso dibattito con la cugina “Nord e
Sud” di Compagna – segnò il punto più alto della storia del pensiero sulla cosiddetta Questione
Meridionale.
Benché, dopo quel periodo, l’azione pratica sul Sud abbia sopravanzato la riflessione, pure
sotto la cenere essa ha continuato a manifestarsi coi segni appena percettibili di analisi parziali
e occasionali riguardanti specifici eventi, iniziative o provvedimenti. Questo calo, diciamo così,
di “tensione” fu in gran parte determinato dalla caduta dei riferimenti ideologici e delle grandi
scuole economiche, nonché dai mutamenti nazionali ed internazionali legati al cosiddetto villaggio
e/o mercato globale. Ed è stata l’ultima spallata alla Questione Meridionale come questione
nazionale: essa finiva per perdere la sua accezione unitaria per esplodere in una miriade di problemi
specifici per poi oscurarsi definitivamente all’indomani dell’ingresso dell’Italia nel consesso mittle-
europeo che, secondo le precognizioni di Compagna, la ridussero a “Mezzogiorno d’Europa”1. La
crisi attuale non è, dunque, che lo sbocco patente di un complesso di fenomeni ben più antichi e
profondi.
Intanto si andava rapidamente trasformando il paesaggio analizzato da Emilio Sereni2: la politica
dei “poli di sviluppo industriale” tendeva a concentrare l’investimento sulle aree metropolitane,
mentre falliva in sostanza la riforma agraria che non era riuscita a riorganizzare su basi di
efficienza la produzione agricola in prospettiva dei nuovi mercati. Queste politiche di sviluppo
nel Sud furono in qualche modo obbligate dalla più vasta politica in ambito Cee prima ed Eu
poi, tendenti a privilegiare le “aree forti” del paese e la produzione industriale su quella agricola.
Tutto questo favorì due fenomeni corrispondenti: da una parte l’esodo dalle campagne -– con la
conseguente drastica riduzione della presenza antropica sul territorio (coltivi, boschi, pascoli) e
il suo impoverimento culturale ed economico – e, dall’altra, la massiccia urbanizzazione dentro
e intorno alle grandi aree metropolitane e alle città medie meridionali. L’obiettivo si spostava –
scambiando causa ed effetto – sulla questione urbana, sull’urbanistica delle città, sul “problema
delle abitazioni” di hengelsiana memoria3, rincorrendo l’inarrestabile fenomeno mai riuscendo a
governarlo. Mentre le zone agricole periurbane venivano erose e “sporcate” dai piani regolatori e
poi dalla speculazione, quelle delle zone interne subivano il degrado ambientale da abbandono che
avrebbe portato ai vari disastri annunciati.4
Anche il dibattito a sinistra mostrava i segni di questa tendenza: con il numero 7 del 1964
l’editore Macchiaroli chiudeva l’esperienza di “Cronache Meridionali” per aprire nel 1975 “Città
Nuova”: il passaggio dall’aggettivo “meridionali” al sostantivo “città” tradisce semanticamente il
mutamento del punto focale del dibattito.
Non c’è dubbio che la Questione Meridionale va oggi completamente rifondata, non
potendosi riproporre più né nei termini liberali di “Nord e Sud” né in quelli della storica sinistra
socialcomunista. Non disconoscendo i meriti di quelle che rappresentarono, allora, le due grandi
visioni possibili del problema, oggi la Questione (che esiste ancora) va trattata nei termini
imposti dalla contemporaneità. Liberi da schematismi ideologici, intendiamo guardare, da una
parte: alla storia (tutta particolare nell’ambito della nazione-Italia) del territorio meridionale per
riscoprirne l’identità e, con essa, la cultura e le potenzialità; dall’altra parte: al Mediterraneo e
alle sue occasioni relazionali. Due strade che nessun meridionalismo ha ancora sufficientemente
intrapreso". Aldo Vella
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